mercoledì 27 marzo 2013

3. Il castello di Don Manuel - miniserie western







3.      Ciudad Saguaro.
Seth mise l’ultima pallottola e chiuse il tamburo della pistola. Era una Colt Navy col calcio pieno di tacche. Il gringo ne contò nove per l’esattezza. Forse erano i peon che quel bastardo di Esteban aveva ammazzato.
All’alba lasciarono i cadaveri agli avvoltoi e presero due cavalli.
«Sapete usare il fucile?» domandò Seth a Esmeralda. Ella annuì. Seth le passò un fucile; tenne per sé la doppietta (ormai scarica) e un altro fucile. In tutto avevano sedici colpi.
E due coltelli.
«Ciudad Saguaro è laggiù,» disse Esmeralda a Seth, indicandogli il sole.

Ne avevano parlato: Esmeralda insisteva per andare in città e appellarsi allo sceriffo Ramirez. Lo sapeva un onest’uomo, uno dei pochi non sul libro paga di Manuel.
Seth aveva cercato, invano, di farle cambiare idea.
Ciudad Saguaro si trovava per metà sul territorio degli Stati Uniti e per metà in Messico. Fino a ché rimaneva negli Stati, Seth aveva sul collo un bel cappio.
Alla fine lo disse a Esmeralda, ingarbugliandosi.
«Vedete, señorita … se questo Ramirez ha un mio ritratto o una foto, c’è la possibilità che … insomma … » bofonchiò.
«Pero que vos dice?» domandò lei.
Seth si toccò il cappello e fece una smorfia:
«Sulla mia testa pende una spada di … » come si chiamava quel maledetto filosofo?
«De Damocles?» gli venne in aiuto Esmeralda. Il viso di lui si rasserenò.
«Sì.» disse.
«Entonces non vi chiedo di scortarmi laggiù, ma io ci devo andare por mi padre y por la gente que Don Manuel ha matado!» gli occhi di Esmeralda si riempirono di fuoco mentre parlava.
Seth li fissò a lungo e, stregato da quel fascino, annuì.
Non aveva fatto niente di buono in vita sua ed era stato in un sacco di posti. Seth Corbin l’allevatore, Seth Corbin il derubato, il ladro di cavalli, il ricercato … il rapinatore di banche.
Adesso stava per cacciarsi in un altro guaio. E ne aveva una voglia matta, perdio!
Così disse: «Vi accompagnerò a Ciudad Saguaro, ne andasse della mia vita!»
E morì e resuscitò ancora una volta guardandola negli occhi.




Ciudad Saguaro stava come un porco nel brago. Aveva un’aria sbilenca come se rifuggisse il sole a picco e pendesse verso il tramonto.
Ci arrivarono da ovest, superando un cimitero di croci di legno.
Il vecchio bordello dal nome francese – in cui nessuno parlava francese – li guardò dalle finestre rotte con le sottane delle prostitute stese ad asciugare.
L’ufficio dello sceriffo si trovava subito dopo la stalla pubblica e lo sceriffo era sulla porta con una doppietta in mano.
«Brutto segno.» mormorò Seth.
Lo sceriffo aveva capelli bianchi come tela di ragno e una faccia ragnata di grinze. Aveva la pelle color cuoio e un cipiglio acquoso.
I cavalieri si fermarono davanti a lui. Non appena il vecchio riconobbe Esmeralda, i suoi occhi si sgranarono.
«Hija!» disse.
«Juan … » iniziò Esmeralda, smontando da cavallo e abbracciandolo, «Don Manuel matò a mi padre y a todos!» disse.
«Que no lloren, hija, que no.» lo sceriffo ricambiò l’abbraccio e batté la vecchia mano sulle spalle di lei. Gli occhi si fermarono su Seth, studiandone la faccia.
Asciugandosi le lacrime, Esmeralda si staccò dall’abbraccio e indicò Seth.
«Este hombre me ayudò mucho. Es por el que estoy aqui, ahora, tio Juan.» disse Esmeralda.
Seth salutò toccandosi il cappello e smontò da cavallo.
«Gracias, señor!» disse lo sceriffo, stringendogli la mano, «Gracias!»
Ramirez li fece entrare nell’ufficio, dopo aver guardato a destra e a sinistra. Poi si fece raccontare tutto.
Alla fine, le lacrime gli sdrucciolavano sulle rughe, lungo le guance smunte.
«Questa è una città maledetta.» disse, guardando Seth, come se cercasse comprensione.
«Ma io sono solo, Esmeralda … e vecchio.» aggiunse.
Seth si appoggiò alla parete e guardò dalla finestra.
Non c’era un’anima viva in giro.
«Cosa propone di fare?» domandò al vecchio.
Ramirez si stropicciò le palpebre. Con un sospiro disse:
«La conosco da quand’era bambina, señor … per lei è meglio stare qui: la chiuderò in una delle celle, mentre voi, señor, andrete alla posada, laggiù, a chiamare i rurales.»
Se c’erano i rurales – i ranger messicani – allora quella zona non era sotto la giurisdizione degli Stati Uniti. Seth si rilassò un poco e guardò Esmeralda.
Che annuì.
«Okay allora … » gli occhi castani di Seth si perdettero in quelli verdi di Esmeralda.
«Vai.» disse ella.
Seth si toccò lo stetson e uscì.

Per arrivare alla posada era sufficiente attraversare Main Street. Seth diede un’occhiata in giro. Vide un abbeveratoio davanti alla posada e, più avanti, un paio di botti.
Non c’erano cavalli, né carri. Il drugstore era chiuso.
Sfilò il Winchester dalla sella e mosse la leva. Quando la rialzò, cercò di fare meno rumore possibile.
Attraversò la strada. Sentì il suolo rovente sotto gli stivali. Annaspò verso l’ombra del portico della posada.
Spinse le porte con la canna del fucile.
Lo accolse un odore di tequila e uova fritte. Fagioli, pancetta. Da quant’è che non mangiava?
Dannazione!
Il buio non sputò neanche mezzo rural.
Non ebbe bisogno di sentire le urla di Esmeralda, né il nitrito dei cavalli lanciati al galoppo, per capire. Capire d’essere stato fregato.
La posada lo risputò fuori col fucile in pugno. Una pallottola si conficcò nel muro a un palmo dalla sua testa.
Erano quattro.



Avevano tenuto nascosti i cavalli sul retro dell’ufficio di Ramirez per tutto il tempo e né Seth, né Esmeralda s’erano accorti di nulla!
Vide la donna stretta sulla sella di un pezzato. Il suo rapitore era un ceffo con la divisa da rural gallonata e una lunga sciabola al fianco.
Dietro di lui, un bandolero dal poncho variopinto gli sparò, cavalcando.
Seth si gettò in avanti e rotolò su se stesso. Strinse i denti per il dolore alla gamba. Esmeralda gliel’aveva fasciata con un lembo della sua gonna.
Il gringo si rialzò e sparò un colpo. Lo sbuffo di fumo galleggiò per un momento nell’aria. La terra davanti ai piedi di Seth schizzò via spostata da una pallottola. Il gringo si ributtò all’interno della posada.
Uscì dopo due rapidi respiri.
E vide i caballeros già lontani.
Con Esmeralda.

Come i vermi dopo la pioggia, gli abitanti di Ciudad Saguaro apparvero dalle loro tombe di legno.
«Señor!» esclamò Ramirez, accorrendo in lacrime.
Si inginocchiò di fianco al gringo.
«L’hai consegnata a Manuel, bastardo!» gli ringhiò Seth.
«Io … »Ramirez farfugliò, prima di sfiorarsi il viso con le mani. «Io … » disse.
I suoi occhi brillarono e la sua mano si strinse attorno al braccio di Seth:
«Ascolta, gringo, Manuel è un malo hombre! Ha in pugno la città e i rurales. Pedro Galindez, quello con la sciabola, è il suo luogotenente. È un capitan dei rurales, gringo, comprende?»
Seth lo guardò e disse:
«Toglimi quella palla dalla gamba e portami il cavallo … »

... continua

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