martedì 3 dicembre 2013

Figlioli! Ma il blog di Daniele Imperi lo leggete o no? - recensione sul racconto Cacciatori di Nuvole



bellissima ed evocativa immagine del russo Sergey Tyukanov :)


L’ultimo racconto di Daniele Imperi me lo rileggerei con Limahl come colonna sonora… il Limahl de La Storia Infinita. E, direte voi, quante altre canzoni ha fatto, scusa?
Ah boh!
Perché, leggendo i Cacciatori di Nuvole, mi sento trasportato indietro nel tempo, quando tutto era più facile, quando eravamo più felici, nei bellissimi anni ’80 di Flash Gordon, Bastian e Guerre Stellari.
Dimenticavo E.T.
Ma perché?
Perché Imperi comincia con un uomo che parla a un bambino. Anzi, con un bambino che parla a un uomo. Il bambino rappresenta quella connessione con la fantasia che ognuno di noi – e non lo dico per fare una frase fatta – non deve assolutamente perdere. Vogliamo forse diventare parte di questi impiegati grigi e tutti uguali, questi pendolari che non s’arrabbiano neanche più quando il treno ha cinquanta minuti di ritardo? Vogliamo forse piangere o essere felici se Tohir fa vincere l’Inter o meno?
O vogliamo emozionarci con i fortunadraghi e con le vicende del piccolo robot chiamato D.A.R.Y.L.?
Voi fate vobis, io scelgo la seconda.
Basta leggere bollette e estratti conto: vado e mi leggo un racconto di Daniele Imperi.

Che inizia con: “Stava ancora salutando i viaggiatori celesti delle caravelle sparite oltre i tetti di Roma, quando un bambino gli tirò la giacca, ridestandolo dal limbo d’incredulità in cui stava fluttuando.”

oh, raga, questo qui è Hugh Grant in Cloud Atlas, eh!
Bell’incipit: fluido, articolato, corposo. Scorre adagio, calmo, come il fiume del Siddharta di Hesse.
C’è un però ed è un però dato dalle riletture, ergo: anche duecentomila riletture non sono mai sufficienti, perché il racconto, il tuo racconto… ne sa una più del diavolo e, quando neanche te ne accorgi, ti viene fuori con uno stava ripetuto due volte.

Al mio socio Valerio il verbo “stare” non piace. In effetti, ci da’ un che di indefinito, effimero, noiosamente superficiale. Eppure è un verbo che si usa. A volte, uno “stava” è insostituibile.

Il racconto è un fantasy. Non ci sono elfi, né maghi, né draghi. Ci sono Carlo Forti, un bambino, la Roma post-unitaria e delle caravelle volanti. Ambientazione poco sfruttata e bellissima. Analogie, finalmente, non con Tolkien, ma con Cloud Atlas, film tratto da un libro… film che io non ho visto, libro che io non ho letto.
La struttura ricorda Cloud Atlas, perché è fatta in maniera concatenata.
Si inizia nella Roma del 1891 con l’incontro fra Carlo, le caravelle e Luigino.
Si va alla Roma del 1894 con un Carlo che presenta il suo manoscritto sulle caravelle a un editore e viene rifiutato (il manoscritto). Carlo ormai ha adottato Luigino, una volta un monello di strada.
Si ritorna, poi, a tre anni prima (1891) ma con un altro punto di vista, ossia quello dei piloti delle “caravelle”. E si capisce che, proprio caravelle, non sono.

rega' era o non era bello il 1985?
Imperi ha uno stile che, fra tanti, preferisco di gran lunga. Molti dialoghi per spiegare le cose, ma senza infodump eccessivi. È come se, facendo chiacchierare i suoi personaggi del più e del meno, venisse fuori il racconto, bello chiaro e pronto per essere letto.
Poche descrizioni. Le cose sono delineate in una frase che ci rende chiara tutta la situazione.
Ed è fantasy, signori. Abbiamo molte volte percorso questo argomento. Perché il fantasy deve morire pieno d’elfi e di nani?
Non abbiamo davvero niente altro da dargli?
Ogni tanto – dico ogni tanto – non possiamo scrivere qualcosa di leggermente diverso?

e ci buttiamo dentro pure Limahl
Suggerimenti e non appunti (perché ormai, la parola “appunti” viene intesa in un’accezione negativa che non ha mai avuto).
Io pubblicherei Cacciatori di Nuvole in e-book (autopubblicato o con casa editrice) e/o in cartaceo (si presta molto bene) oppure… meglio…
Lo rimetterei sul blog a puntate. Sarebbe bellissimo.
Una miniserie.

Per goderselo di più.

Okay!

Saludos!  

4 commenti:

  1. Grazie della recensione, Marcello :)

    "Stava" ripetuto 2 volte: m'era sfuggito. Sì, alle volte va messo, non se ne può fare a meno, però si poteva rendere lo stesso la frase senza ripeterlo.

    E non mi ero neanche accorto di usare i dialoghi per far emergere il racconto :D

    Ormai per proporlo a un editore è tardi. Però sto studiando una storia più lunga che ha qualcuna di quelle vicende all'interno.

    Una miniserie a puntate nel blog. Mi hai dato una bella idea, grazie. Ci penso su. Degli spin-off sulla storia.

    Grazie ancora per la bella recensione e la lettura.

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    1. Quello dei dialoghi è il tuo punto di forza. Riesci a dipanare anche storie piuttosto complesse grazie all'uso dei dialoghi e non pesi mai sul lettore.

      Comunque, sarebbe bello vedere qualcosa di tuo in cartaceo, non perché voglia per forza pubblicarlo io, ma solo perché in cartaceo sarebbe bellissimo!

      Saludos!

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    2. Grazie :)
      Pensa che a me i dialoghi hanno sempre preoccupato, poi ho visto che basta poco riuscire a scriverli credibili. Certo, secondo me c'è sempre da aggiustare qualcosa.

      Ah, già, che tu hai una casa editrice, me ne avevi parlato tempo fa, giusto?
      Ci faccio sicuramente un pensiero :)

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    3. Sì, la ponga edizioni!
      Se vuoi vai sul sito e facci un pensiero!

      Guarda, linko qui nei commenti il tuo articolo "dare più vita ai dialoghi"!

      http://pennablu.it/dare-piu-vita-ai-dialoghi/

      Me ne ricordo anche uno di Gamberetta molto buono. Devo ripescarlo e linkarlo.

      Saludos!

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