venerdì 6 dicembre 2013

U.S. Marshal - un altro tipo di fantasy - 3



«Ossa uguale morti, caro Ted!»
La Crown Victoria filava a ottanta miglia orarie, sollevando una scia di polvere. I morti si potevano allontanare o anche distruggere: bastavano i lampeggianti modificati sul tettuccio. Il problema era la quantità. Se Capo Destino aveva ospitato un campo di battaglia… beh… i negromanti del Sinodo sarebbero riusciti forse a evocare un bel po’ di scheletri. Ma Burt non avrebbe mollato comunque, non ora che Conroy e Otho stavano lì, a portata di mano.
Eccoli! S’erano accorti di lui. I cinque di Otho indietreggiarono, allontanandosi dall’aereo. Conroy impugnò la pistola.
Ted scelse, dall’arsenale sul cruscotto, una Desert Eagle calibro .44 Magnum le cui pallottole arrivavano a due miglia di gittata.
Ted aveva imparato a sparare da vivo, dopo il Merging. Da morto, il suo cervello ricordava ancora quei movimenti come un buon programma di computer.
Erano a più di metà strada quando dalla terra cominciarono a sorgere i morti. Scheletri antichi, vestiti da frati.
Poi, Burt vide enormi ossa simili a travi, due ali di pipistrello, un enorme collo serpentino.
«Hanno un drago…»
Il marshal alzò la leva dei lampeggianti e una fortissima luce sacra si irradiò dal tettuccio della macchina. I primi scheletri vennero annichiliti. Le ossa si sbriciolarono.
Un fulmine globulare annerì il cofano della Crown Victoria, prima che Burt riuscisse a far partire lo scudo frontale anti-magia. La forza del fulmine si scaricò al suolo.
Ted si sporse e la Desert Eagle tuonò. Un elementale dell’aria spinse la pallottola fuori dalla canna e dentro l’occhio di un mago del Sinodo.
Lo scudo di Burt tremolò all’impatto con una palla di fuoco. La macchina sbandò a sinistra. Burt lottò per mantenere il controllo; mosse lo sterzo a destra, lasciò l’acceleratore. Ted sparò due colpi. Uno fu deflesso dallo scudo di un mago. L’altro uccise un uomo di Conroy.
I fucili mitragliatori spararono, incontrando la resistenza di uno scudo creato da Ted. Uno scheletro fu indebolito a tal punto dalle luci sacre, da esser distrutto dal paraurti dell’auto; un altro si attaccò allo sportello di Burt e appoggiò una mano al finestrino. Burt si girò e aprì la bocca per gridare.
Poi, lo scheletro fece esplodere il vetro con una palla di fuoco. Burt ebbe salva la vita grazie alla prontezza di Ted. L’elfo morto, con la sinistra, aveva creato uno scudo fra lo sportello e il marshal.
Burt era vivo, ma aveva perso il controllo della macchina. La Crown Victoria sbandò e si ribaltò. Il mondo fuori dall’abitacolo fece un mezzo giro a destra.
Poi ci fu lo schianto.


Burt era appeso a testa in giù per la cintura di sicurezza. Salvo, ancora una volta, per lo scudo di Ted. L’elfo aveva il collo piegato in una posizione innaturale.
Il marshal cercò di sganciare la cintura. La linguetta doveva essersi deformata e non scattava. «Cristo!»
Ted non faceva alcun tentativo per liberarsi. Semplicemente, non gli importava.
Burt cercò di calmarsi e si impose di pensare. Era stato addestrato per cose come quella. Pensare lucidamente sotto gli spari del nemico. Pensare mentre un drago scheletrico sta per farti fuori.
Il fucile a canne mozze. Burt allungò la mano e la chiuse attorno al calcio. Il fucile era caricato a elementali della terra, elementali che creavano gabbie di roccia pura.
Burt puntò le canne fuori dal finestrino e sparò. I colpi si conficcarono nella terra rossa. Le zolle spaccate dal sole si deformarono, si aprirono. Una colonnina di terra uscì da quegli interstizi neri, si ingrossò, si innalzò, finché una gabbia non colpì il tettuccio della macchina e la ribaltò.
Le sospensioni della Crown Victoria gemettero.
Il parabrezza s’era distrutto nell’incidente e ora pendeva dal telaio come una specie di poltiglia biancastra. I meccanici degli U.S. Marshal avrebbero dovuto metterci olio di gomito per rattoppare la Crown Victoria adesso.
Burt infilò la mano in tasca e prese il coltello. Ne diresse la lama verso la cintura di sicurezza, mentre un’ombra si gettava sulla macchina.
Il drago.
La testa era grande come un cavallo. Le fauci si aprirono e si chiusero attorno al cofano della macchina. Burt sentì gli pneumatici scoppiare e le sospensioni stridere. Ted appoggiò una mano sul parabrezza e fece partire verso il drago un proiettile di ghiaccio. Il proiettile bucò il vetro e si conficcò nel muso del drago, spaccando la cartilagine e facendogli saltare una zanna.
«Cristo!»
Burt raddoppiò gli sforzi: riuscì ad avvicinare la lama alla cintura e cominciò a segare. La fibra di nylon si sfilacciò, cedendo all’acciaio del coltello. Ted sparò un’altra stalattite di ghiaccio al drago. Burt vide la bestia indietreggiare e lasciare libera l’auto.
Il marshal continuò a segare. Ora c’era solo un filo a tenere insieme la cintura.
Burt sentì l’intero abitacolo vibrare. Poi, un servitore aereo – un elementale dell’aria minore – sollevò la macchina. Lo comandava Conroy, muovendo le mani come un marionettista che tiri fili invisibili.
Un ultimo taglio e la cintura si staccò. Burt si gettò fuori dal finestrino e lasciò che l’elementale scagliasse la macchina per terra. Ted sarebbe sicuramente morto, ma col bastone magico, il marshal lo avrebbe semplicemente fatto risorgere. Sembrava cinico, ma faceva parte del mestiere che Burt s’era scelto.
Cadde a terra, a bocconi e si guardò attorno.

...continua

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