sabato 28 marzo 2015

Monza - articolo su quella città


Per anni mi sono chiesto cosa non andasse, perché la mia vita subisse così spesso tanti piccoli eventi trascurabili in sé, ma fastidiosi se sommati. Ho considerato a lungo se scrivere o no questo articolo, ma le cose non dette si perdono nel tempo ed è come se non fossero mai esistite o mai provate dall’animo umano.
Il problema era Monza.
Dai cinque anni mi sono trasferito lì e sono cresciuto lì. Ricordo le prime impressioni negative di quando arrivai, ancora bambino, leggendo dei graffiti inneggianti alla violenza sul muro del supermercato presso cui ci saremmo riforniti per anni. C’era scritto “Pagherai tutto, nessuna pietà”, me lo ricordo ancora. Non so se l’abbiano cancellato, quel graffito, o se ci sia ancora, ma per un bambino di cinque anni, che chiedeva spiegazioni alla madre, beh, era una cosa forte e non nel senso di “cool”, ma forte.
Monza non è una città, perché non ha un tessuto sociale che funzioni. Non ci sono opportunità per i giovani, né eventi degni di questo nome. Monza vive su una facciata, su un palcoscenico di teatro; è come una città bidimensionale, fatta di legno compensato: dietro non c’è niente. Monza si basa sull’Arengario, sul suo centro e sul Parco. Il Parco è bello, ma per arrivarci e goderne, se non si abita vicino, è un’odissea in mezzo al traffico di viuzze medievali perennemente congestionate. Se si abita vicino al Parco, invece, esso è lì, a portata di mano, ma tutto il resto: supermercati, servizi, scuole, no. Dovete rifarvi il dedalo di viuzze medievali congestionate per arrivare a ciò che vi serve. Perciò, Monza non è una città, ma un paesone. È provinciale. I suoi abitanti, ormai quasi tutti anziani, si crogiolano nel conservatorismo più becero, fasciati del nome. Monza aveva uno skate park che, misteriosamente, è stato smantellato e abbandonato. In giro si vedono pochissimi bambini e pochi giovani. Ultimamente è stata invasa dagli stranieri in maniera massiccia. Le targhe RO e BG – e non parlo di Bergamo, dicendo BG – si alternano a quelle italiane con una frequenza molto alta. Ovunque in Italia ci sono stranieri. È un bene, è un male? Non è l’argomento di questo articolo. Il punto è che a Monza la maggior parte di stranieri viene dall’Europa dell’Est. È gente povera, opportunista, gretta, sospettosa, arrogante, chiusa, violenta. Si sposta perfettamente con i conservatori e altamente individualisti che compongono la maggior parte dei cittadini di Monza. Io vengo da un’isola, sono siciliano, e a Monza mi hanno dato sempre, e da subito, del terrone. È estremamente singolare: lì ci sono siciliani, calabresi, pugliesi, campani, potentini. In pubblico, parlando con la “umlaut”, ti danno del terrone, poi a casa loro sfoderano il “uaglio’”. E i brianzoli veri? Quelle quattro anime spettrali ultrasettantenni che barcollano per le strade e si salutano fra di loro. Pochi sorrisi, sguardi in cagnesco, gente pronta a litigare. Non sto esagerando. Vicini di casa che non si salutano anche se si vedono da anni. Opportunità per i giovani? Poche. Monza è tagliata fuori dal circuito milanese, perché non ha mai voluto una metropolitana. Il motivo mi è ignoto. C’è la sua fantastica stazione dei treni, dove dovreste spaventarvi ad andare. La connessione fra lei e Milano via treno? Penosa. Ritardi su ritardi. I lavoratori per arrivare a Milano devono farsi ore di macchina nel traffico, oppure viaggi su treni che sembrano dei carri bestiame. Il suo centro? È un susseguirsi di kebab e mercatini da quattro soldi. C’è una fontana dove staziona gente dall’aria tutt’altro che raccomandabile. Le sue vie sono chiaramente medievali, quindi strette e buie. E il Duomo? La Corona Ferrea? Bei monumenti e gioielli, ma che non fanno tessuto sociale. Ovviamente. Le persone lì hanno la testa così distaccata da quella che è la realtà sociale che pensano che le loro case valgano trecentomila euro in un mercato agonizzante. Accuso solamente? E per cambiare? Per migliorare? Innanzitutto, l’urbanistica: okay c’è un fiume che taglia in due la città, ma bisognerebbe progettare e approvare un enorme piano urbanistico per un profondo cambiamento. Ci vogliono strade più larghe, molte più rotonde, molti meno semafori. Non sono del mestiere, ma a livello urbanistico bisogna fare qualcosa. Poi: la metropolitana. Monza deve essere connessa in modo rapido col resto del mondo. Punto. Altra cosa: la pulizia. Quella città è un cumulo di rifiuti… e poi parlano di Napoli. Poi: le opportunità per i giovani! Fate uno skate park e poi lo smantellate? Fate qualcosa! Non sono io l’assessore. Le aree verdi? Non è che, perché c’è il parco, allora tutto il resto della città dev’essere cemento su cemento (come è adesso). Le strade: riparatele!
Siate umili: basta con ‘sto nome “Monza” “Monza” sotto cui vi crogiolate per poi non fare un cazzo. Ripartite da zero e rifate ex novo la vostra città, se le volete bene. Un Arengario e un Parco non valgono niente se non c’è il resto. Volete rimanere ancora quei provinciali che al sabato mattina vanno a fare la sfilata di moda nei bar del centro e alla domenica vanno in chiesa per poi bestemmiare o prendere a calci un gatto? Io, onestamente, ne avevo le palle piene – ci ho messo trentadue anni – e me ne sono andato.

Nessun commento:

Posta un commento