martedì 20 dicembre 2011

In cammino - 1




Scritto il
13-Giugno-2011
Di M. Nicolini
Basato sulle memorie di F. Nicolini

1.

La guerra per Fausto era arrivata con un aereo francese e le sue bombe. Un caccia si era alzato a intercettarlo, dal porto di Genova, e i due piloti avevano ingaggiato un violentissimo combattimento fatto di evoluzioni e scariche di mitraglia a cui facevano da contrappunto le batterie del porto.
Fausto si vide passare sopra la testa uno dei due aerei. Sotto le ali c’era il tricolore francese. La batteria costiera sparò una salva, che esplose nel cielo.
«Tale’ sergente! (guarda sergente)» urlò Iaco, il conduttore di muli, indicando la battaglia. «Ora ’u pigghia! Ora ’u pigghia!» aggiunse, eccitato, mentre la contraerea faceva esplodere un’altra salva.
Fausto seguì con gli occhi le evoluzioni del francese: lo vide fare un giro della morte, evitando una salva, per mettersi in coda all’apparecchio italiano.
Sulla riviera, alcuni liguri applaudirono e Iaco agitò un pugno, gridando: «Scimuniti!»
L’italiano virò a coltello, cercando di disimpegnarsi, mentre il francese evitava di nuovo la batteria costiera.
Nuvolette di fumo sospese nel cielo e odore di mare.
Finalmente l’italiano riuscì a mettersi in coda al nemico. «’U pigghia!» disse Iaco, saltellando sui piedi scalzi. «’U pigghia!»
L’italiano era in posizione e il francese, spacciato. Poi la batteria costiera sparò.
«Minchia!» disse Fausto.
«Minchia santissima!» urlò Iaco. Nell’eccitazione si era dimenticato i gradi e aveva stretto forte, forte il braccio del sergente.
Il caccia italiano stava precipitando, abbattuto dalla contraerea.
Questo fu il primo sapore di guerra per Fausto: era amaro e aveva il puzzo della carne bruciata. Si vedeva il pilota con le braccia abbandonate all’aria, sporgere dalla carlinga del velivolo che bruciava semidistrutto. Poi tutto finì in mare, dove affondò lentamente.


I tedeschi passavano sui camion, vicino alla colonna in marcia. Alcuni di loro guardavano i soldati in maniera impassibile. Sembravano avere tutti facce dure sotto quegli elmetti d’acciaio e non sorridevano. I camion buttavano fumo e sollevavano una gran polvere, infastidendo i muli.
Fausto vide un tedesco ridere e fare il gesto di aggiustarsi la cravatta: la divisa italiana era l’unica a comprenderla, assieme alla giacca.
Il tedesco rideva ancora, sul camion: Fausto lo guardò e gli disse: «Noi andiamo in battaglia eleganti, cretino!»
Quello smise di ridere e la polvere se lo portò via.

continua

1 commento:

  1. Quando avevo quattordici anni, in un giorno bagnato dal sole - come ce ne sono molti, moltissimi in Sicilia - mio nonno mi raccontò della guerra. Quelle memorie si sono impresse nella mia mente, indelebili come il sangue e la giovinezza dei soldati versati per colpa di qualche imbecille.

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